Siete tra coloro che passano intere serate anziché guardando film e serie in streaming, sfogliando le proposte di film e serie? Ecco dunque una piccola guida per voi con i film e le serie in streaming che abbiamo visto a novembre: quello che vale il vostro tempo e quello che “meglio rivedere una puntata di Colombo”.

Shang Chi e la leggenda dei dieci anelli – Disney+ (Claudio)

Nella sua Fase 4, il MCU punta all’espansione dentro e fuori il grande schermo: la grande narrazione Marvel ha bisogno di nuovi eroi e di nuovi spettatori. Shang-Chi risponde ad entrambe le esigenze introducendo un personaggio minore, ma che consente ai Marvel Studios di posizionarsi a oriente e aprirsi al grande mercato cinese. La prima parte più urbana e più in linea con la tipica produzione Marvel è anche la più riuscita rispetto alla seconda parte di chiara ispirazione wuxia in cui la disparità tra l’accoppiata Michelle Yeoh & Tony Leung e il resto del cast. Awkwafina però è super divertente (in originale, ovvio). Nel complesso però non smuove l’universo narrativo un centimetro più in là e si rivela un riempitivo passabile in attesa che la Fase 4 entri davvero nel vivo. 

Red Notice – Netflix (Claudio)

Netflix ha deciso di alzare l’asticella delle sue produzioni e ora il suo film riempi-catalogo per un novembre qualsiasi è un heist movi con The Rock, Ryan Reynolds e Gal Gadot. La trama è sottile come lo spazio che rimane in un’ascensore occupato da Dwayne Johnson. L’oggetto del desiderio che spinge il trio a rincorrersi, allearsi, tradirsi e poi di nuovo al contrario per un paio d’ore è un inestimabile uovo di Cleopatra, manufatto al centro di una caccia spietata che curiosamente ricorda un Uovo di Fabergé, ma realizzato qualche migliaio di anni prima. La profondità è di carta velina come la trama, Reynolds ha sempre l’aria di uno passato di lì per caso, ma non è importante quando intorno c’è il carisma di The Rock e di Gal Gadot. Un paio d’ore sul divano a cervello spento le vale, ma se il mattino dopo non vi ricordate nulla di cosa sia successo in quell’arco di tempo, state tranquilli, è del tutto normale. 

Finch – Amazon Prime Video (Mara)

Quando si parla di mostri sacri del cinema ci si riferisce ai Pacino, ai De Niro o ai Nicholson, ma non viene mai in mente di inserire Tom Hanks nel novero, e non certo perché sfigurerebbe, tutt’altro. Tom Hanks è infatti la nemesi del “mostro sacro”, per quanto sia un attore straordinario che di diritto siede nel pantheon dei grandi. Il punto è che a Tom Hanks si vuole bene, lo percepiamo come uno di noi anziché come il divo distante, e quando compare sullo schermo sappiamo che un grande attore sta probabilmente per mettere in scena un essere umano fallibile, ma che alla fine vorremo come vicino di casa, come amico, genitore, consigliere. Ed è quello che accade anche in Finch. Hanks si carica sulle spalle l’intero film e a conti fatti è solo la sua presenza a essere degna di nota. Finch è una storia ambientata in un futuro prossimo post apocalittico: l’umanità è quasi del tutto scomparsa e il protagonista è uno dei pochi superstiti, anche se prossimo alla fine. In previsione della sua dipartita, l’uomo costruisce un robot umanoide – che omaggia nello stile il Piccolo Principe – affinché dopo la sua morte questi possa prendersi cura dell’amato cane. Svolgimento scontato, durata eccessiva per una storia già scritta nei primi dieci minuti. Per completisti di Tom Hanks e amanti della lacrimuccia facile.

Bruised – Netflix (Mara)

In John Wick Parabellum Halle Berry si è fatta decisamente notare: non solo non ha sfigurato al fianco di Keanu Reeves, ma è stata lì lì per rubargli la scena. L’esperienza del corpo a corpo a quanto pare le è piaciuta parecchio visto che la ripete all’ennesima potenza nel suo esordio alla regia per Netflix. Bruised, di cui è anche protagonista, è la storia di una lottatrice di MMA che in seguito a una sconfitta, che è stata praticamente un pestaggio a sangue, si ritira dalle scene e si attacca alla bottiglia. L’occasione di riscatto non tarda ad arrivare, ma la strada è costellata di drammi e imprevisti, incluso il doversi occupare del figlio di sei anni che aveva lasciato con il padre anni prima. Berry è bravissima a mettere in campo una recitazione intensa e ben calibrata che, unitamente alla regia asciutta ed efficace, evita la sensazione del trito clichè delle parti drammatiche. Un ottimo esordio, una bella sorpresa e tanta invidia: a 55 anni non solo Berry si mette in gioco attraverso un film dai toni e dagli intenti insoliti per quello che è il suo curriculum, ma lo fa anche sfoggiando una forma fisica perfetta che le consente di interpretare in modo credibile un lottatrice a occhio e croce di 20 anni più giovane. 


Le serie

Strappare lungo i bordi – Netflix (Claudio)

È al primo posto delle classifiche di Netflix da quando è uscita, se ne parla senza sosta da allora (anche se spesso per i motivi più sbagliati, accidenti a dar corda a chi senza la polemichetta non esisterebbe) e ha lanciato oltre l’altissima orbita dove già si trovava la carriera di Zerocalcare. Non c’è bisogno di dire molto di Strappare lungo i bordi perché è già stata detto quasi tutto. Vale la pena però sottolineare come Zerocalcare sia riuscito nella per nulla banale impresa di coniugare il suo stile e la sua impostazione narrativa a un nuovo medium, senza perdere pezzi per strada: nella sua serie c’è tutta l’amara riflessione , ma anzi continuando a tirare quei cazzotti alla bocca dello stomaco che i suoi fumetti assestano tra una battuta e un riferimento nerd.

strappare lungo i bordi

Cowboy Bebop – Netflix (Andrea)

Che l’operazione Cowboy Bebop made in Netflix fosse iniziata sotto una cattiva stella lo si era capito fin dal casting che aveva trasformato un indimenticabile quartetto composto da un affascinante e crepuscolare cacciatore di taglie, un sardonico ex poliziotto, una truffatrice di bellezza adamantina e una geniale hacker preadolescente in un gruppetto azzoppato di performers sfigati e agghindati a festa, pronti per partecipare ad un concorso lucchese di cosplayers. Non vale il vostro tempo. Se siete comunque curiosi, ne abbiamo parlato qui.

Foundation – Apple Plus (Mara)

Del pilot abbiamo parlato qui. La stagione si è snodata attraverso due storyline: una ha seguito le vicende dei cloni dinastici e quindi dell’Impero sull’orlo del collasso, la seconda quelle della prima Fondazione e conseguente prima crisi Seldon. Quest’ultimo arco narrativo è quello che teoricamente dovrebbe essere il più aderente a quanto raccontato nella Trilogia di Asimov, mentre i cloni dinastici sono un elemento assolutamente originale. In realtà, è proprio la parte dedicata alla rovinosa e inesorabile caduta in rovina dell’Impero Galattico a essere portatrice dello spirito della controparte cartacea che ha nella strategia politica, nell’indagine dialettica e nell’arguzia dei ragionamenti il suo punto di Forza. Lee Pace e Terence Mann come prova attoriale svettano su tutti. 

In quanto a resa tecnica Apple ha aperto il borsellino senza lesinare in valori produttivi per una serie, è evidente, destinata a prosperare per numerose stagioni. Peccato per la classica stagione corta da servizio streaming: Foundation sarebbe stata perfetta per un arco stagionale di 22 episodi. 

The Wheel of Time – Amazon Prime Video (Mara)

Wheel of time è una serie composta da 14 libri. Iniziata da Robert Jordan, e portata a termine dopo la sua morte da Brandon Sanderson, la saga è un viaggio epico e fantastico attraverso un universo particolareggiato e sfaccettato ricco di personaggi dotati di backstory altrettanto dettagliate. L’adattamento di Amazon si discosta – inevitabilmente – in alcuni punti dai libri: i protagonisti sono giovani adulti anziché appena adolescenti, e si indugia sulla rivelazione dell’identità del “Dragone Rinato”, ovvero l’unica persona dotata del potere necessario a combattere il Tenebroso, forza oscura che tenta ciclicamente di distruggere la Ruota del Tempo forgiata dal Creatore e, quindi, il mondo. Il Dragone Rinato è però tanto uno strumento per il bene quanto permeabile al male… e a giudicare da quanto mostrato non è scontato che ci sia un’effettiva sorpresa circa la sua identità. La prima stagione è composta da cinque episodi da circa un’ora: ottimo per una domenica pomeriggio dicembrina all’insegna di binge watching, destino & magia.

The Morning Show stagione 2 -Apple Plus (Mara)

Dopo una promettente prima stagione che è riuscita a smarcarsi rapidamente dall’epiteto di “serie di Sorkin senza Sorkin”, lo show torna zavorrato da una lunghissima pausa produttiva causa pandemia e con annesse tutte le problematiche del caso. Le linee narrative inseguono la coda lunga del #metoo, trattano la rappresentazione di genere, mostrano lo spietato cinismo quale stella polare di chi è ai vertici di una qualsiasi grande azienda, inclusi – se non soprattutto -i colossi dell’informazione. E, ovviamente, la narrazione deve dar conto dell’emergenza covid-19. Tanto, troppo, che produce risultati ondivaghi. Billie Crudrup è il migliore dell’ensemble, mentre Julianna Marguiles è una new entry di lusso che spero venga confermata. 

Succession, stagione 3 in corso – HBO, Sky in Italia (Mara)

Quella dei Logan è l’epitome della famiglia disfunzionale. Roy Logan, il capostipite, magnate dell’informazione e dell’intrattenimento, titano capitalista alla Murdoch, è un padre padrone che cannibalizza la vita dei suoi quattro figli: ciascuno di loro brama la sua approvazione, ma al tempo stesso ciascuno di loro desidera la sua testa. Un freudiano “uccidere il padre” in cui però il padre fa troppo comodo e troppa paura. Un campionario di casi clinici, infanzie traumatizzate, e privilegi sfacciati da super ricchi. È un grande piacere vederli azzannarsi tra di loro, e darsi a congiure di palazzo mentre gli autori spruzzano un po’ di umanità qui e là. In questa terza stagione, però, la serie si sta suitizzando: il season finale della seconda aveva promesso il raggiungimento di un punto di non ritorno, ma a ben vedere non solo non è cambiato nulla, ma si sta disfacendo il lavoro sui personaggi a cui gli autori si sono dedicati nella stagione passata. A chiacchiere succede di tutto, ma tra mille giravolte di alleanze, a conti fatti si ricade nello status quo. Speriamo nel resto della stagione. In ogni caso, la serie è ad alto tasso di intrattenimento e la visione resta consigliatissima.

Dexter New Blood, stagione in corso – Showtime, Sky in Italia (Mara)

Del pilot/premiere abbiamo parlato qui. Giunti a metà, la buona notizia è che questo ritorno è decisamente superiore alle ultime stagioni, la cattiva è che le buone notizie finiscono qui. New Blood sta subendo la sorte di quasi tutti gli altri revival: serie che all’epoca avevano segnato il passo e seminato talmente bene da rendere il loro ritorno superfluo visto che altri show hanno nel frattempo raccolto e rinverdito l’eredità lasciata dagli illustri predecessori.

Il ritorno di Dexter è, nell’impianto, un classico whodunnit, con atmosfere ed elaborazioni narrative mutuate da Fargo, serie che per altro viene espressamente menzionata. Il protagonista dovrebbe essere l’elemento di spicco in grado di sottrarre la serie al gruppone misto in compagnia di decine di altri crime, ma a tutt’oggi Dexter Morgan vive di rendita per quello che è stato un tempo.

 

 



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